L’articolo analizza l’entusiasmo diffuso verso l’uso dell’AI a scuola, sottolineandone i rischi educativi. Alcuni insegnanti già usano ChatGPT per esercizi e compiti pratici, ma l’autore avverte che si tratta di strumenti fondati su modelli probabilistici che imitano il linguaggio umano senza avere esperienza, desideri o memoria viva. L’AI non conosce la realtà, non formula ipotesi, non ha un punto di vista originale: può fornire informazioni ma non entrare nel cuore dell’esperienza. Un esempio concreto viene da una lezione sull’Odissea: i ragazzi si immedesimano in Ulisse e Penelope, ma quando affidati all’AI producono risposte impersonali e piatte. La vera sfida della scuola è aiutare gli studenti a riscoprire «il coraggio dell’esistenza» (Benasayag), cioè la capacità di incontrare la realtà in tutta la sua profondità e imprevedibilità, senza ridurre l’apprendimento a simulazioni algoritmiche.

L’articolo sottolinea come le proteste studentesche per Gaza in tutta Italia non possano essere ridotte agli episodi isolati di violenza. La grande maggioranza dei giovani ha manifestato pacificamente, spinta dal bisogno di giustizia e di pace di fronte al massacro in Palestina. Carrai invita a non cadere nella tentazione di giudicare con cinismo o scetticismo, ma a lasciarsi provocare dal desiderio dei ragazzi, che non restano indifferenti di fronte alle immagini viste sui social. Citando Péguy e Rebora, l’autore evidenzia la sfida rivolta agli adulti: saper prendere sul serio la domanda di bene e giustizia delle nuove generazioni. L’alternativa, avverte, è solo la rassegnazione e lo scetticismo che portano a un’anima «abituata».

Qual è il ruolo ed il valore dei centri culturali cattolici in Italia e nel mondo? Se lo chiede Letizia Bardazzi che è presidente dell’Associazione Italiana Centri Culturali (Aic), nata oltre quarant’anni fa su impulso di don Luigi Giussani. Definisce questi centri come ‘artigiani della speranza’ perché capaci di produrre cultura come espressione di una fede che investe ogni ambito della vita. Attualmente ne esistono 185, in grandi città e piccoli paesi, animati dalla gratuità e dal desiderio di comunicare la novità dell’incontro con Cristo. L’articolo richiama le parole del cardinale José Tolentino de Mendonça («Perché la Chiesa ha bisogno di centri culturali?») e di Davide Prosperi, presidente di Comunione e Liberazione, che ribadisce la centralità del giudizio come testimonianza di fede viva. Papa Leone XIV ha ricordato che la salvezza di Cristo abbraccia tutte le dimensioni dell’esistenza, dalla cultura alla politica. Tra le iniziative recenti spiccano la mostra sui Giubilei proposta al Meeting di Rimini 2024, la valorizzazione del Concilio di Nicea e il Centenario Francescano. I centri affrontano temi attuali come pace, conflitti, intelligenza artificiale, denatalità, disagio giovanile, futuro dell’Europa, fino a letteratura, arte e musica. In definitiva, ogni centro culturale è un laboratorio di speranza, testimonianza di uno sguardo generato dalla fede che rende la cultura un bene accessibile a tutti.

In occasione dello sciopero generale indetto dalla Cgil per Gaza, l’autrice spiega di aver scelto di non andare in piazza ma di rimanere a scuola con i suoi studenti. Non per fare lezione tradizionale, ma per dedicare la giornata ad ascoltare ciò che i ragazzi sanno e pensano sul conflitto, discutere parole chiave e tentare un giudizio comune. Bottai sottolinea che la scuola troppo spesso lascia i giovani soli di fronte alla realtà e che è urgente educare alla consapevolezza, al metodo critico, a non cadere in slogan e ideologie. La sua protesta, quindi, diventa educativa: combattere l’ignoranza, l’immoralità e la superficialità. Restare in classe assume un valore simbolico, per testimoniare che la scuola è ancora luogo di costruzione del futuro, capace di offrire speranza e senso di bene possibile anche in un contesto segnato dalla guerra.

Nei racconti di Giovannino Guareschi i dialoghi tra don Camillo e il Cristo crocifisso non sono un semplice espediente narrativo, ma la radice profonda della sua esperienza cristiana. In un’Italia segnata da ideologie contrapposte, don Camillo riconosce in Cristo una Presenza reale, compagno e guida nelle difficoltà. Non si appoggia a idee astratte, ma dialoga con il Crocifisso come con un amico: si sfoga, discute, accetta correzioni. Questo dialogo intimo diventa sorgente di misericordia, perdono, apertura verso i nemici e speranza. Guareschi mostra così che la fede non è riducibile a dogmi o regole morali, ma è incontro vivo con Cristo, capace di rigenerare la vita personale e comunitaria. Don Camillo diventa segno di responsabilità verso il suo ‘Mondo piccolo’, capace di affrontare non solo questioni di culto, ma anche lavoro, povertà, malattie e bisogni quotidiani. Il dialogo interiore con Cristo diventa paradigma di ogni autentico rapporto umano, opponendosi a riduzioni ideologiche e solitudini contemporanee.

Padre Francesco Ielpo, nuovo Custode di Terra Santa, descrive la realtà che ha trovato nei territori: sofferenza diffusa, smarrimento, paura e un clima di sospetto sia nella Striscia di Gaza sia in Israele. Una situazione che considera disumana, soprattutto per chi vive da quasi due anni sotto bombardamenti e assedio. Nonostante il conflitto e la radicalizzazione delle posizioni, Ielpo sottolinea come gli appelli della Chiesa e della Custodia alla pace non siano inutili, perché rivolti alle coscienze e destinati a generare cambiamenti profondi nel tempo. Colpito dalla scelta dei patriarchi ortodosso e latino, insieme ai religiosi della Sacra Famiglia, di restare accanto alle comunità cristiane nonostante il rischio di sacrificio e martirio, evidenzia che questa è la testimonianza più grande: un appello silenzioso ma potentissimo. Ielpo richiama infine l’importanza del ritorno dei pellegrini: i santuari vuoti e il crollo del turismo hanno messo in difficoltà le popolazioni locali, ma piccoli gesti di solidarietà e la presenza dei visitatori rappresentano oggi un segno profetico che sostiene le comunità.

Nel suo nuovo libro *Vivere per sempre. L’aldilà ai tempi di ChatGPT*, Davide Sisto analizza come l’irruzione dell’intelligenza artificiale generativa stia trasformando il nostro modo di affrontare la morte. Non si parla più solo di profili Facebook che diventano memoriali, ma di app e sistemi che promettono di dialogare con i defunti o ricrearne la voce e la presenza. Sisto introduce il concetto di ‘foreverismo’, cioè la tendenza a registrare e conservare tutto, negando l’irreversibilità del tempo e cancellando così la nostalgia. Osserva che nei Paesi asiatici, per ragioni culturali e di mercato, si moltiplicano applicazioni che permettono di interagire con defunti e persino animali domestici, mentre in Occidente emergono esperienze simili attraverso social e avatar. Nei diversi social la morte viene trattata in modi specifici: Facebook come luogo memoriale, TikTok e YouTube come spazi in cui raccontare il proprio dolore, Instagram come canale per togliere tabù. Sisto sottolinea che condividere il lutto online non significa per forza pornografia del dolore, ma può ridare una dimensione collettiva al vivere la perdita. La sfida culturale, avverte, è accettare la finitezza: evitare che il passato saturi il presente e impedisca la nascita di qualcosa di nuovo.

All’alba su Gaza City si scatena un nuovo inferno di bombe e droni. Migliaia di civili fuggono verso il Nord, stipati in camion vecchi e sovraccarichi, tra pianti e polvere. Le immagini mostrano oltre 300mila profughi in marcia, ma anche chi non parte: malati, anziani, persone che hanno perso tutto e non hanno più l’energia di fuggire. Un palestinese urla contro l’ennesimo ordine di evacuazione, mentre accanto una donna piange su un fagotto bianco. Corradi sottolinea come, dopo anni di distruzioni, alcuni abbiano smarrito l’istinto primordiale di sopravvivenza. Le scene richiamano i ricordi delle evacuazioni dei ghetti ebraici negli anni ’40, evocando le lettere di Etty Hillesum. Una commissione Onu parla di genocidio, mentre Israele nega con forza. Intanto gli Stati Uniti, con Marco Rubio in visita a Tel Aviv, riaffermano il loro sostegno a Netanyahu. Il contrasto tra il pollice alzato del segretario americano e il dramma di chi fugge o resta nella morte appare insopportabile. L’articolo si interroga sul significato umano e politico di quanto accade e lancia un grido: Israele, che cosa stai facendo?

L’estate è stata segnata da guerre, violenze e crisi geopolitiche, con il rischio di abituarsi alla brutalità. La parola ‘pace’ sembra svuotata di concretezza. I recenti episodi, dall’assassinio del conservatore Kirk ai raid e conflitti in Medio Oriente ed Europa, hanno accentuato il senso di smarrimento. In questo contesto emerge un fatto insolito: la presenza del cardinale Pizzaballa alla chiusura del Festival del Cinema di Venezia. Nel suo intervento denuncia la disumanizzazione del linguaggio che porta alla violenza e invita credenti e operatori culturali a creare una narrativa diversa. L’articolo sottolinea come la Chiesa, con la sua testimonianza e la compagnia del Mistero, possa offrire risposte autentiche alla domanda di senso e alla paura del male. Luciano Violante, ‘credente senza religione’, riconosce che la Chiesa Cattolica oggi intercetta adeguatamente le domande dei giovani. La vera novità, conclude l’autrice, è la presenza viva di Cristo, che restituisce umanità e speranza.

All’inizio del suo celebre articolo del 1950 Alan Turing si chiese: «Le macchine possono pensare?». La risposta dipende da cosa intendiamo per pensare. Turing propose il famoso test che porta il suo nome: una macchina pensa se riesce a ingannare un interlocutore umano durante una conversazione. Oggi, secondo Nello Cristianini, docente di AI a Bath e autore di una trilogia sulle macchine intelligenti, gli esseri umani non sono il paradigma dell’intelligenza, ma solo una delle sue forme. L’intelligenza, come capacità di imparare, pianificare e ragionare, può appartenere anche alle macchine. Gli Llm come ChatGPT non derivano da teorie linguistiche ma da approcci statistici: l’addestramento consiste nel ricostruire parole mancanti in grandi testi. Da qui emergono capacità inaspettate: rispondere a domande, risolvere problemi, generare testi coerenti. Per Cristianini ciò implica una forma di comprensione, seppure diversa da quella umana. Gli Llm superano lo studente medio in test accademici, ma non i migliori. L’AI può eguagliare prestazioni umane in compiti specifici, come diagnosi mediche o dimostrazioni matematiche, ma non ha ancora raggiunto l’AGI. Il superamento dell’intelligenza umana, se avverrà, potrebbe presentarsi in due forme: una macchina che svolge i nostri compiti meglio di noi, o un’AI capace di compiti incomprensibili all’uomo, cioè l’ASI. «Difficile accettare che non siamo il vertice dell’intelligenza, ma non c’è nulla che lo garantisca», conclude Cristianini.