Gaza City. Quel popolo di profughi in colonna verso il nulla

All’alba su Gaza City si scatena un nuovo inferno di bombe e droni. Migliaia di civili fuggono verso il Nord, stipati in camion vecchi e sovraccarichi, tra pianti e polvere. Le immagini mostrano oltre 300mila profughi in marcia, ma anche chi non parte: malati, anziani, persone che hanno perso tutto e non hanno più l’energia di fuggire. Un palestinese urla contro l’ennesimo ordine di evacuazione, mentre accanto una donna piange su un fagotto bianco. Corradi sottolinea come, dopo anni di distruzioni, alcuni abbiano smarrito l’istinto primordiale di sopravvivenza. Le scene richiamano i ricordi delle evacuazioni dei ghetti ebraici negli anni ’40, evocando le lettere di Etty Hillesum. Una commissione Onu parla di genocidio, mentre Israele nega con forza. Intanto gli Stati Uniti, con Marco Rubio in visita a Tel Aviv, riaffermano il loro sostegno a Netanyahu. Il contrasto tra il pollice alzato del segretario americano e il dramma di chi fugge o resta nella morte appare insopportabile. L’articolo si interroga sul significato umano e politico di quanto accade e lancia un grido: Israele, che cosa stai facendo?