Il volantino di Comunione e Liberazione affronta la drammatica situazione in Terra Santa e in altre aree di guerra, come l’Ucraina, riprendendo le parole di papa Leone XIV e la domanda del Pontefice: «Da cristiani, oltre a sdegnarci, ad alzare la voce e a rimboccarci le maniche per essere costruttori di pace e favorire il dialogo, che cosa possiamo fare?». La violenza in atto è definita «inaccettabile» e viene denunciato il prevalere della logica del più forte sulla forza del diritto internazionale.

Il documento insiste sul valore della pace come cultura che si costruisce dal basso, a partire dalle relazioni quotidiane e da un orizzonte più grande che riconosce un destino comune. La preghiera, indicata dal Papa come prima risposta, diventa intercessione per la pace e conversione dei cuori: da qui l’invito a recitare il Rosario per la pace ogni giorno di ottobre e a partecipare alle veglie comuni, come quella del 22 settembre e quella guidata dal Pontefice l’11 ottobre in piazza San Pietro.

Accanto alla preghiera, il volantino sottolinea la testimonianza di unità e di fedeltà a Cristo, richiamando l’esempio dei religiosi che a Gaza hanno scelto di restare nonostante l’ordine di evacuazione, per continuare a prendersi cura dei più fragili. Questa scelta mostra la forza del perdono e della speranza che scaturiscono dalla Croce. Per i cristiani, contribuire alla pace significa anzitutto vivere la comunione e documentare che un’esperienza di concordia e accoglienza è possibile.

Nel suo intervento su Avvenire, Davide Rondoni analizza il viaggio della Flotilla verso Gaza e sottolinea tre dubbi principali. Primo: se lo scopo fosse davvero umanitario, esistono canali certi per far giungere aiuti, senza esporsi a un’azione incerta e spettacolare. Secondo: se la finalità è la provocazione verso uno dei contendenti, Israele, ciò rischia di esacerbare e allargare il conflitto, rafforzando indirettamente Hamas e Iran. Terzo: c’è una sostanziale differenza tra chi, come i leader cristiani di Gaza, rimane accanto alla popolazione rifiutando l’esilio e garantendo assistenza dall’interno, e chi da fuori interviene con azioni che hanno un impatto più politico che umanitario. Rondoni conclude chiedendo: a che pro? La vera testimonianza è restare accanto ai fragili, non generare ulteriori tensioni e divisioni, rischiando anche di diventare strumento per dittature o per indebolire l’Europa.

Nel programma SEIETRENTA di Chora Media, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme, intervistato da Mario Calabresi, richiama l’attenzione sulla tragedia di Gaza. Dopo l’arresto della Flotilla, afferma che è urgente tornare a parlare di quanto accade nella Striscia: situazioni non giustificabili e moralmente inaccettabili. Pizzaballa esprime l’auspicio che Hamas possa accettare il piano di pace di Trump, pur riconoscendo che la fine della guerra non coinciderà con la fine del conflitto. In un momento in cui la convivenza tra israeliani e palestinesi sembra impossibile, il Patriarca invita a cercare, in mezzo a tanta sofferenza, segni concreti di speranza e dialogo.

La vicenda di Vincent van Gogh non è racchiudibile entro i confini della biografia o della critica artistica. Massimo Cacciari e Giovanni Testori, in testi recentemente ripubblicati o ritrovati, ne mettono in luce la natura profetica e religiosa. Van Gogh, prima ancora di essere pittore, aveva coltivato il desiderio di seguire le orme del padre pastore riformato: teneva sermoni nelle comunità contadine e già allora descriveva l’esistenza come il cammino di un pellegrino, triste eppure esultante, verso Dio.

Cacciari sottolinea che la sua pittura è una ‘estrema icona’: non rappresenta, ma rivela. Van Gogh rimane sempre un pellegrino che attraversa la realtà come un mistico, senza trovare approdo definitivo. Testori richiama una lettera dell’artista alla sorella Willemien, in cui Van Gogh scriveva di voler creare ritratti che, a distanza di secoli, apparissero come ‘apparizioni’. Così, dipingendo l’amico Eugène Boch, inserì un cielo stellato come segno del destino infinito.

La sua pittura è dunque irriducibilmente religiosa: nasce dalla coscienza dolorosa di una mancanza che abita tutta la realtà. Per questo rifiuta qualsiasi composizione armonica e chiusa: è tensione aperta, preghiera dipinta. Van Gogh stesso diceva: ‘La nostra vita è il viaggio di un pellegrino, siamo stranieri sulla terra’. Anche nell’arte resta straniero, perché il suo orizzonte non è la misura estetica, ma il Mistero.

Non serve essere esperti o conoscere tutti i dettagli per comprendere il nocciolo di ciò che avviene a Gaza: si tratta di violenza che nasce quando l’altro viene considerato nemico della nostra felicità. La condizione esistenziale — malessere, vuoto, rabbia, vendetta, ignoranza — è una chiave utile per capire i grandi cambiamenti del mondo; politiche e vita personale non sono separabili. Israele è sotto shock dagli attacchi dell’ottobre 2023 e ha intrapreso una guerra che non può vincere; mentre la Corte penale internazionale ha incriminato Netanyahu, l’Onu parla di possibili crimini gravi e la Striscia conta decine di migliaia di morti, soprattutto civili. Mancano aiuti e regna la carestia.

Il riconoscimento dello Stato palestinese non sarebbe una ricompensa a Hamas ma potrebbe essere un’opportunità per Israele per costruire rapporti migliori con il mondo arabo e per responsabilizzare l’Autorità palestinese. La recente Dichiarazione di New York — che prevede disarmo di Hamas, rilascio degli ostaggi e un governo civile — sarebbe accettabile in altre circostanze e non è impossibile ipotizzare accordi su una forza di interposizione, su chi controlla gli accessi e sulla ricostruzione. Non può essere accettabile una soluzione che imponga l’esodo forzato di quasi due milioni di persone.

Il contributo alla pace parte da noi: occorre lavorare sull’ecologia umana. La pace richiede individui in armonia con se stessi, persone che non sentano bisogno di distruggere chi è diverso per difendere la propria felicità. Quel primo stato di armonia si chiama gioia. L’economia e la prosperità di Israele dipendono dalle relazioni internazionali; saperlo aiuta a decidere quali sanzioni o pressioni applicare. In definitiva, anche chi non conosce tutti i retroscena storici può e deve contribuire alla pace, coltivando in primo luogo la propria pace interiore e la capacità di desiderare il bene dell’altro.

Il ricordo di Raffaele Bertagnoli si apre con un incontro personale avvenuto anni fa nella sua casa a Castellarano, dove, insieme alla moglie Maura, accolse con semplicità e calore anche chi era sconosciuto. La sua vita è stata segnata da tratti di mitezza, discrezione, passione per le camminate in montagna e una fede vissuta con umiltà e costanza nel Movimento di Comunione e Liberazione di Sassuolo. Nonostante la malattia, Raffaele non ha smesso di esserci: presente nei pellegrinaggi, nei cammini con il GERS e nel servizio di catechista in parrocchia.

Il suo ultimo addio, celebrato nella Pieve di San Valentino, è stato caratterizzato da serenità e certezza nella fede, più che da disperazione. Le testimonianze di affetto ricevute dalla famiglia — amici, compagni di cammino, giovani catechizzati, membri della comunità cristiana — hanno rivelato l’impatto silenzioso ma profondo della sua presenza. Il lascito più grande, come ricordano i figli, è stato vederlo vivere ogni circostanza, bella o dolorosa, con fiducia in Cristo e sostegno della comunità.

Don Francesco Facchini lo ha ricordato come un uomo capace di affidamento totale a Dio. Le parole poetiche di T.S. Eliot chiudono l’omaggio, esprimendo gratitudine per la luce e per la gloria divina. Raffaele è salito al cielo il 2 maggio 2025, lasciando un segno indelebile nella vita di chi lo ha incontrato.

Il compositore Giovanni Allevi, a cui tre anni fa è stato diagnosticato un mieloma, racconta in un’intervista il suo percorso di cura: «Sono alla ventitreesima infusione, ogni volta aumenta il dolore alle ossa ma continuo a sorridere». Allevi descrive l’ospedale come la sua «seconda casa», un luogo di forza e umanità condivisa con altri pazienti. Nonostante le statistiche parlino di due anni di vita, dichiara: «Io festeggerò i 95 anni». Riflette sul significato di vivere pienamente il presente, libero dall’ansia del successo e dalle aspettative. Racconta il momento devastante della diagnosi e il valore della solitudine come occasione di contatto con la sorgente vitale interiore. A novembre uscirà il docufilm Allevi – Back to Life, presentato alla Festa del Cinema di Roma, che ripercorre in musica e immagini la sua malattia intrecciata con la sua arte. «Il mio sogno è che chi vedrà il film esca con il cuore traboccante di gioia di vivere», afferma. Sul futuro dice: «Dal primo giorno di ricovero ho cominciato a comporre un’opera che avrei diretto se fossi sopravvissuto».

L’assassinio di Charlie Kirk ha generato forti contrapposizioni ideologiche e verbali. In questo clima, il gesto di Erika, vedova di Kirk, che ha pubblicamente perdonato l’assassino del marito, ha colpito per la sua radicalità evangelica, disapprovata persino dal presidente Trump. Erika ha detto di ispirarsi alle parole di Gesù: «Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno». Questo gesto mette in discussione approcci sociologici e ideologici, ponendo con forza il tema della fede nello spazio pubblico. Giuliano Ferrara, in un editoriale sul Foglio richiamato dall’articolo, osserva come in Europa la laicità sia diventata spesso esclusione della fede dalla sfera pubblica, mentre negli Stati Uniti essa si traduce nella convivenza tra diverse religioni, con un riconoscimento simbolico e concreto del ruolo di Dio nella società. Ferrara si interroga se un’Europa che rinnega le proprie radici cristiane, privilegiando un’idea di neutralità basata solo sui diritti individuali, non rischi di implodere. Pietro Baroni, su Il Sussidiario, ha sottolineato che la vera pace non nasce dallo schierarsi, ma dal perdono, parola oggi sempre più dimenticata.

In un messaggio pubblico, Papa Leone XIV ha esortato i cattolici a dedicare ogni giorno del mese di ottobre alla recita del Rosario «per la pace». In un contesto internazionale segnato da violenze e conflitti, il Pontefice richiama la forza spirituale della preghiera mariana come segno concreto di unità e speranza. Il Rosario, secondo Leone XIV, diventa un mezzo per “custodire la pace” anche nei cuori, non solo nelle nazioni. Il papa sottolinea che non è sufficiente un impegno sporadico: la coerenza quotidiana nella preghiera può essere testimonianza e risorsa per il tempo presente.

Silvio Cattarina riflette sull’emergenza educativa, definita il dramma più cocente dell’era moderna, a partire dall’esperienza delle comunità L’Imprevisto di Pesaro. Qui la sofferenza e l’irrequietezza dei giovani vengono accolte come occasione di incontro con il Mistero e di riscoperta della gioia come compagna di viaggio della vita. L’autore afferma che il bene compiuto da un adulto verso un giovane resta per sempre, producendo frutti insperati, e invita a riconoscere il significato profondo del dolore come parte dell’architettura della vita. Presenta inoltre il suo nuovo libro, ‘Silenzio, ragazzi, passa il treno’ (Itaca), titolo che nasce dal gesto quotidiano di interrompere ogni parola quando passa un treno accanto alla comunità: segno che Qualcuno viene per ciascuno. Cattarina sottolinea come i giovani rifiutino la sofferenza senza senso e desiderino un incontro capace di rispondere al bisogno infinito del loro cuore. Il vero tesoro è questo desiderio, dono ricevuto da un Altro. L’epoca presente, pur segnata da dolore e smarrimento, può diventare occasione storica per una rinascita fondata sulla gioia e sulla speranza.