EITAN MOR E GLI OSTAGGI LIBERATI/ Smettere di essere simboli per diventare liberi, il compito di ognuno

Il rilascio degli ostaggi israeliani, dopo un conflitto di due anni, pone una sfida cruciale: smettere di essere simboli per tornare a essere persone. Questi individui sono stati caricati di significati che li hanno trasformati in merce di scambio. Il caso di Eitan Mor è emblematico: la sua stessa famiglia lo considerava sacrificabile per la vittoria militare di Israele, anteponendo la causa alla persona. Questa dinamica di “simbolizzazione” non è confinata alla guerra, ma si ritrova nelle relazioni quotidiane: nei figli contesi, nei partner idealizzati, nei capi visti come pure ingiustizie. Per gli ostaggi liberati, il ritorno alla vita non è automatico; richiede un percorso faticoso per riappropriarsi del proprio desiderio e della propria umanità, come sottolineava don Giussani. Si tratta di ritrovare un bisogno di bene e verità più grande di ogni legame. Eitan Mor, e come lui altri, può così diventare un “segno” che rimanda a una domanda di significato, e non più un “simbolo” che trattiene. La violenza subita può essere trasformata in una domanda di vera libertà.