Quel perdono trasformante

Anna Laura Braghetti, scomparsa a 72 anni, è stata una figura di spicco e tra le più efferate militanti delle Brigate Rosse. Nel 1978, a soli venticinque anni, partecipò al sequestro di Aldo Moro e, l’anno seguente, si rese responsabile dell’uccisione di due poliziotti a piazza Nicosia. Nel 1980, sparò a Vittorio Bachelet, vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, lasciandolo senza vita. Nonostante l’arresto nello stesso anno, la Braghetti rifiutò sempre di unirsi ai ‘dissociati’ o ai ‘pentiti’, intraprendendo invece un percorso di pentimento autentico e lancinante, consapevole del terribile male compiuto in nome di un ideale di giustizia. Nel suo libro autobiografico ‘Il prigioniero’, pubblicato nel 1998, descrisse il vuoto e l’orrore delle sue azioni, affermando: ‘Dopo l’azione provai un senso di vuoto assoluto’ e ‘la mia punizione non è il carcere, ma quell’immagine. Sono condannata ad averla per sempre davanti agli occhi, e a non volerla scacciare’. L’incontro più significativo e trasformante avvenne in carcere con Adolfo Bachelet, fratello gesuita di Vittorio, che andò a cercarla. La Braghetti ricordò come ‘Ai funerali di Vittorio Bachelet la famiglia perdonò gli assassini, pregò per me’, e come da Adolfo ricevette ‘una grande energia per ricominciare, e un aiuto decisivo nel capire come e da dove potevo riprendere a vivere nel mondo e con gli altri’. Successivamente, incontrò anche Giovanni Bachelet, figlio di Vittorio, che le disse: ‘Bisogna saper riaccogliere chi ha sbagliato’, un gesto di riconciliazione che la Braghetti commentò riconoscendo di aver ricevuto ‘solo del bene’ in cambio del danno irreparabile causato.