L’educazione affettiva nelle scuole è un aspetto cruciale che contribuisce alla crescita equilibrata degli studenti. La capacità di riconoscere e gestire le emozioni è essenziale per il benessere psicologico. La poesia diventa un mezzo straordinario per esplorare queste emozioni, insegnando agli studenti a entrare in contatto con la propria interiorità e con gli altri, uno strumento di crescita affettiva che innesca un percorso di educazione

Gli adolescenti oggi si trovano ad affrontare una realtà difficile, segnata dalla solitudine e dalla pressione sociale. Nonostante l’apparente prosperità, molti giovani si sentono persi e incompresi, arrivando a sviluppare pensieri di morte. L’isolamento emotivo, unito a una comunicazione sempre più virtuale, contribuisce alla difficoltà di gestire le emozioni e la propria identità. L’articolo affronta anche il ruolo delle istituzioni educative e delle famiglie nel cercare di essere “comunità critiche, capaci di dare ai ragazzi criteri di valutazione delle esperienze che vivono, (…) comunità adulte, che non vuol dire perfette, ma in grado di sostenere le fragilità dei giovani”

Nel suo intervento, il cardinale Farrell fa vedere come Giussani abbia incarnato una pedagogia cristiana che non si accontenta di meccanismi superficiali, ma sfida ad affrontare la vita in modo radicale. Giussani non si è limitato a proporre delle idee, ma ha cercato di far vivere una esperienza concreta dell’incontro con Cristo, un’esperienza che non può essere solo intellettuale, ma che coinvolge tutta la persona in una relazione profonda con la realtà.

Assistiamo all’emergere di una crescente solitudine tra gli adolescenti, un fenomeno che è stato esacerbato dalla pandemia. Con la diminuzione dei contatti reali e la riduzione delle interazioni sociali con i coetanei, molti giovani si trovano sempre più isolati. Questa solitudine, che non è solo fisica ma anche emotiva, porta molti ragazzi a preferire la solitudine, allontanandosi dalle interazioni sociali sia virtuali che faccia a faccia. L’articolo mette in luce anche la condizione degli ‘hikikomori’, dove l’isolamento sociale diventa cronico e autoimposto.

L’articolo esplora il calo delle adozioni e l’innalzamento di altre pratiche di procreazione, come la procreazione assistita e la gestazione per altri. Si discute del cambiamento culturale in cui l’amore per un figlio non è più rivolto verso un altro, ma centrato sull’autorealizzazione dell’adulto. La generazione è vista come una pretesa, piuttosto che un atto di partecipazione a una vita che non ci appartiene. L’autore mette in evidenza il valore del gratuito e dell’imponderabile nell’adozione.

Davide Rondoni parla della poesia come di un atto fondamentale di conoscenza, non come di un accessorio, della vita e di se stessi. Rondoni critica l’educazione che riduce l’arte a uno strumento funzionale e descrive come la poesia, se insegnata con passione e senza forzature, possa essere un dono in grado di aprire gli studenti alla realtà più profonda. L’autore riflette anche su come la scuola moderna, influenzata dalla tecnocrazia, tende a trattare l’arte come un complemento alla conoscenza scientifica, ma che la vera arte è un atto di libertà e di immaginazione.

L’articolo esplora il tema dell’umanità e del divenire. Si critica la neolingua tecnologica che riduce l’umano a macchina e si riflette sulla differenza tra il diventare immortale e diventare figlio. L’autore esplora come la cultura greca formava l’uomo-immortale, mentre quella cristiana forma l’uomo-figlio, chiamato a vivere una relazione con la vita e con gli altri. Si riflette anche sulla cultura moderna, che mira a formare l’uomo-potenza, e sulla felicità che deriva dalla consapevolezza della propria mortalità.

L’articolo esplora la riflessione sul vuoto interiore come una domanda, un invito a cercare risposte oltre la quotidianità. L’autore, ispirandosi a Luigi Giussani e Origene, evidenzia come il vuoto possa diventare un’apertura alla misericordia, ponendo come esempio il ritorno di molte persone alla confessione natalizia, cercando qualcosa che vada oltre il vuoto che sentivano. Si conclude con l’idea che Cristo può raggiungere la nostra carne oggi, facendo diventare il vuoto una domanda che ci apre a un incontro più profondo.

Johnny Dotti condivide la sua riflessione sull’educazione, descrivendo la famiglia come il luogo primario in cui si custodisce il mistero e la crescita di un figlio. Dotti discute le difficoltà di educare nell’odierno contesto sociale, che spesso è caratterizzato da superficialità e da una scarsa consapevolezza rispetto alla responsabilità educativa. L’autore evidenzia come l’educazione debba essere un atto di amore e di accompagnamento che rispetta la dignità del figlio.

Il vescovo Erik Varden, monaco cistercense e vescovo di Trondheim, riflette sulla secolarizzazione, il Natale e la speranza cristiana. Varden sostiene che la secolarizzazione è giunta al termine e che l’umanità continua a cercare significato. Parla del mistero del Natale e del bisogno di rimanere aggrappati ai valori cristiani resistenti, mentre la società si allontana dai suoi fondamenti spirituali. Varden riflette anche sulla condizione della Chiesa e sul significato di essere cristiani in un’epoca ‘post-secolare’.