«Io chi sono?»: c’è una domanda che interroga l’educazione
Le domande esistenziali dei giovani, come ‘Io chi sono?’, rappresentano un fuoco interiore che spesso gli adulti, pur con le migliori intenzioni, tendono a spegnere, forse per timore di affrontare questioni scomode. Questa tendenza a separare il desiderio e il cuore dalla conoscenza è criticata, poiché ‘significherebbe spezzare la persona’. L’educazione dovrebbe invece essere un incontro empatico e aperto, che integra la ragione con le esigenze primarie di verità, bellezza e giustizia, seguendo il paradigma di san John Henry Newman: ‘cor ad cor loquitur’. Il percorso di conoscenza è un cammino continuo, dove ‘insegnanti e discepoli camminano insieme, consapevoli di non cercare invano ma, al tempo stesso, di dover cercare ancora, dopo aver trovato’. L’educazione cristiana è concepita come un’opera corale, un ‘noi’ che impedisce la stagnazione e favorisce il nutrimento, agendo come argine insieme alla grande domanda di significato. L’educatore non è solo un erogatore di sapere, ma una persona che impara e si corregge, riconoscendosi ‘figlio’ per poter ‘generare’. In tempi di incertezza, ‘educare è un atto di speranza’, basato su principi come la centralità della persona, l’alleanza scuola-famiglia e la cura dell’interiorità, offrendo una bussola per la navigazione futura.
