Una promessa da riconoscere
Negli ultimi mesi, l’Italia ha assistito a una serie di tragici eventi che hanno coinvolto adolescenti, da omicidi a ferimenti in agguati e incidenti dolosi, lasciando famiglie e comunità ‘straziate e cambiate per sempre’. La generazione nata tra il 2007 e il 2011, cresciuta con lo smartphone e il Covid, si trova al centro di studi e dibattiti, spesso fonte di preoccupazione per genitori ed educatori. La percezione comune è una ‘distanza morale’ tra adulti e giovani, non affettiva o intellettuale, ma nella concezione stessa della realtà. Il digitale ha profondamente alterato categorie come tempo, spazio, vero e falso, e persino il concetto di amicizia, ora legato a ‘reel’ e ‘like’ sui social media. Un linguaggio specifico, con termini come ‘basato’ o ‘flexare’, caratterizza le loro interazioni online, prevalentemente su piattaforme come Telegram, Instagram e YouTube. La Gen-Z (1997-2011) scopre la politica e le ideologie, inclusi fascismo e nazismo, attraverso il gaming online, dove ‘dietro ogni partita c’è un mondo di amicizie e di ideologie’. Questi ambienti, influenzati anche dalla cultura woke, possono generare nuove violenze e miti, alimentati da un solipsismo che impoverisce i legami corporei e rende i giovani ‘in balia di ogni ancoraggio’. Di fronte a fenomeni come bullismo, cyberbullismo, fluidità di genere e ritiro sociale, i genitori si interrogano su come ‘amare’ in questo contesto. La risposta non risiede solo nell’affetto, ma nell’orientare i giovani verso il ‘destino’, trasmettendo direzione e senso. L’autorevolezza adulta nasce dal guardare a una ‘meta’, e la sfida per gli adulti è ‘restare senza lasciarsi spostare dalle provocazioni, dagli errori, dai test’. Il vero segreto per debellare violenza e anomalie è l’ascolto e la curiosità, riconoscendo che i figli e gli studenti non sono ‘qualcosa da aggiustare, sono una promessa da riconoscere’.
