La speranza? È nella differenza tra benessere e felicità
La vita umana è costellata da ‘grandi domande’ sul proprio destino e sul senso dell’esistenza, interrogativi che la cultura contemporanea, pur evoluta e tecnologica, fatica a sostenere senza una profonda esperienza di bene. L’uomo moderno, tentando di marginalizzare la questione di Dio, si condanna ad ‘amori provvisori’ e a una disperazione di fondo, poiché solo sentendosi amati si compie la propria umanità. Un fraintendimento cruciale nella società odierna è la confusione tra benessere e felicità. Se il benessere è paragonabile al lavoro di un meccanico che assicura il ‘funzionamento delle diverse cose della nostra vita’, la felicità ‘riguarda il viaggio, riguarda cioè il motivo per cui la macchina esiste’. La società, attraverso la propaganda e la narrazione, spinge a vivere nell’ottica del funzionamento e della performance, trascurando la ricerca di un senso profondo. Questa focalizzazione sul benessere porta alla disperazione di fronte a sofferenza, malattia e morte, poiché ‘basta funzionare per essere felici? Evidentemente no’. Il messaggio cristiano, invece, non promette un semplice funzionamento, ma offre ‘uno scopo per cui la vita valga la pena’, fondato sull’amore. Chi è amato può affrontare gioia e dolore, salute e malattia, persino la morte, perché l’amore conferisce un senso che non viene meno. Una società veramente umana dovrebbe ‘custodire il desiderio di felicità di ognuno’, contrastando la logica del consumismo, che è alimentato dall’infelicità e abbassa tutto alla ricerca del benessere.
