Ma ha senso sperare ancora?
Di fronte a quello che sta avvenendo in questi mesi in Medio Oriente vien da chiedersi se abbia senso sperare ancora. Di fronte a tutto questo due ministri di Dio, un Cardinale Cattolico e un Patriarca Ortodosso con centinaia di tonnellate di aiuti umanitari sono entrati a Gaza il giorno dopo l’attacco israeliano alla Parrocchia cattolica della Sacra Famiglia. Il Papa ha chiamato il Cardinale Pizzaballa per esprimere il suo dolore. Pizzaballa ha dichiarato: “Noi rimaniamo. Qualsiasi cosa accada”. E ancora: “La fame. Ce n’è tanta. Mancano gli ospedali. C’è anche poca acqua. Questo stillicidio continuo non è umanamente e moralmente più sostenibile”. Alla domanda “È ottimista?”, risponde: “Dovrei esserlo. Sono un uomo di fede. Ho la speranza”. L’ottimismo è un’opzione. La speranza una certezza. Dante la definiva “uno attendere certo”. È questa speranza che impedisce di abbandonare le rovine, che sostiene padri, vedove, orfani. Pizzaballa, già nel 2014, parlava del potere più grande: la speranza. “Il male esiste, ma è impotente di fronte al cuore infranto ed integro. Di fronte ad uno sguardo redento, il male non può nulla”. Un cuore che attende, assetato, che può riaccendersi in un incontro, un cielo, un abbraccio. Ha senso sperare, perché questa attesa ci costituisce. La Messa celebrata da Pizzaballa a Gaza e le parole “Non siete dimenticati” lo testimoniano. Il Papa ha elencato le vittime, ha parlato di attacchi israeliani e violazioni del diritto. La speranza è certezza e sfida. Come scriveva Lee Masters: “Dare un senso alla vita può condurre a follia, ma una vita senza senso è la tortura dell’inquietudine…”. Serve chi alza le vele per cercare soluzioni e tessere relazioni. La speranza degli uomini è la più grande risorsa.
