I due patriarchi nell’orrore della guerra: perché essere a Gaza è un dovere
Il patriarca latino Pierbattista Pizzaballa e il patriarca greco-ortodosso Teofilo III si sono recati a Gaza portando con sé 500 tonnellate di aiuti umanitari per i cristiani e i loro vicini. Il giorno dopo l’attacco alla parrocchia della Sacra Famiglia, con tre morti e dodici feriti, Pizzaballa ha scelto la strada della presenza concreta: esserci, nel corpo, con le braccia aperte, nella città al 70% distrutta. Un gesto sostenuto da papa Leone con una telefonata personale: «Questo massacro deve finire». Anche Netanyahu ha invitato Leone XIV in Israele. Ma più delle dichiarazioni politiche conta l’essere lì: oltre le parole, accanto alle vittime, in una terra martoriata. La bussola della Chiesa rimane Cristo, in un mondo disorientato. Ogni vittima, ogni bambino morto, chiama Dio a giudizio. Il conforto? Che Cristo c’è. C’è chi va, chi bussa, chi prega sulle fosse. Il Vangelo non cambia: amatevi come io ho amato voi.
